giovedì 23 novembre 2017

4 domande a Klaus Nehren autore di Triad

Giulia ha incontrato Klaus Nehren, autore di Triad che sarà una delle novità di punta per il Play 2018.
Klaus ci ha parlato di sé, del suo splendido gioco e delle prospettive dei giochi astratti.

Innanzitutto abbiamo fatto un po’ di confusione nella tua presentazione nel post precedente. Mettiamo a posto le cose: parlaci un po’ di te e del tuo background ludico.

Nato e cresciuto nel varesotto, come quasi tutti sono cresciuto con Monopoli, Risiko e compagnia "bella", anche se, rispetto ad altri, ho avuto la fortuna di avere un padre scacchistico, che mi ha passato una passione per il gioco astratto. Nel 2005 mi trasferii per amore a Crema (CR), una cittadina dove non conoscevo nessuno. Grazie a manifestazioni come Dadi.com, venni a sapere che esistevano altri giochi oltre ai grandi classici e frequentando negozi di giochi e giocattoli, come la catena della Città del Sole, trovai i primi titoli interessanti, gli astratti di Gigamic e i due grandi vecchi, Carcassonne e I Coloni di Catan. Nell'inverno 2009 scoprii l'esistenza de La Tana dei Goblin e mi iscrissi presso l'affiliata Lodigiana. Da quel momento il mio mondo cambiò: non solo ora avevo amici in zona, ma grazie a loro iniziai a provare giochi sempre nuovi e scoprii anche la mia seconda passione: spiegare giochi da tavolo. Loro mi portarono a spiegare nelle fiere di paese come in quelle nazionali, Play su tutte. E da 8 anni ormai vivo la mia passione per il gioco e per la divulgazione. Mi sono scoperto amante dei giochi alla tedesca, i cinghialoni da due ore e più, ma la mia passione per gli astratti è rimasta la stessa. In quanto persona fondamentalmente creativa, poi, ci volle ben poco a farmi venire la voglia di esprimermi nella creazione di un gioco. Mille idee pensate e abbandonate, e poi, una notte, un sogno. E nacque Triad.

Triad ci ha affascinato appena lo abbiamo visto: descrivici meglio il gioco

Triad è un gioco astratto che usa dadi al posto delle pedine. I dadi vengono lanciati solo una volta, prima di iniziare la partita, per creare una situazione di partenza sempre differente; questo significa che, nonostante il gioco preveda l'uso di dadi, il fattore fortuna è assente. Ogni turno il giocatore attivo deve fare tre azioni in sequenza: scegliere uno dei suoi dadi, modificarne il valore e muoverlo in base al nuovo valore scelto. Lo scopo del gioco è formare delle Triadi, file di 3 dadi, di cui almeno uno deve essere di un colore diverso dal proprio (non si possono creare Triadi con solo dadi del proprio colore, ma bisogna usare anche quelli dell'avversario) che mostrino tutti valori uguali oppure tutti valori diversi. Il giocatore che forma la Triade elimina dal gioco uno dei dadi con il quale l'ha creata; il primo giocatore a formare 3 Triadi è il vincitore.



Triad ha tutte le carte in regola per diventare un grande classico astratto come Othello: quali sono le caratteristiche che rendono Triad così speciale?

Direi il mix di semplicità e profondità: come i migliori astratti, iniziare a giocare è semplice, ma arrivare a vincere richiede una buona dose di pensiero e pianificazione. Spesso ci si trova a dover fare mosse inesplicabili al momento, per distrarre magari l'avversario e non fargli notare una Triade in formazione. L'espressione che più si avvicina alla mia idea per il mio gioco è inglese e dice "Easy to learn, Hard to master", che letteralmente significa facile da imparare, difficile da padroneggiare. E poi, ma forse è solo il mio parere, l'idea di avere un gioco in cui i dadi non siano sinonimo di fortuna potrebbe attirare un nuovo tipo di giocatori, stufi di essere sempre vittime del fattore C!

I giochi ultimamente sono sempre più “concreti” con miniature dettagliatissime e supporto digitale: qual è il ruolo e il futuro dei giochi astratti secondo te?

Nella mia mente, il gioco astratto ha sempre rappresentato la lotta fra giocabilità e aspetto, che tanti anni fa, quando ero ancora giovane, imperversava riguardo i videogame. Meglio un gioco molto giocabile, ma dall'aspetto un po' scarno, oppure un gioco bellissimo da vedere, ma con poca "carne"? L'astratto risolve in parte questo dilemma, secondo me, perché pur non eliminando completamente la componente visiva di un gioco, si concentra sulla profondità di gioco. Insomma, se ti bastano 12 dadi e una plancia per fare un gioco divertente, hai ottenuto un buon risultato. Poi, chiaramente, se il gioco è anche bello da vedere, allora hai ottenuto il jackpot. In un mondo in cui le miniature iniziano a farla da padrona e in cui l'aspetto del prodotto diventa sempre più importante, a volte togliendo ossigeno all'idea e alla meccanica del gioco, la semplicità espressa da pochi pezzi di legno o di plastica può rappresentare una ventata d'aria fresca per i giocatori!


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